The project

COS’È OGNI OPERA DI CONFESSIONE

Ogni opera di confessione è un film di ricerca, che si pone l'obiettivo di esplorare le relazioni in atto tra gli individui, le forme del paesaggio e i suoi suoni. Una forma ibrida tra il cinema di osservazione e quello performativo, che si attacca alla gestualità dei personaggi attraverso un processo di sacralizzazione del loro quotidiano.
Questo intervento si focalizza sul contesto delle ex Officine Meccaniche Reggiane, i cui spazi sono stati centro nevralgico per la produzione e lo sviluppo del trasporto nazionale e per la flotta aerea dell’esercito italiano, e che dopo anni di abbandono sono tornati al centro delle politiche territoriali della città di Reggio Emilia, inserendosi all’interno di un maestoso quanto articolato piano di riconversione urbana.
L’area in questione, situata a nord della città, è caratterizza dalla compresenza di importanti infrastrutture istituzionali e di una serie di edifici-simbolo delle ultime trasformazioni urbane e sociali. Ne sono esempio i call center che occupano le palazzine anni ‘30 dei ferrovieri, gli alimentari etnici e la coesistenza di differenti centri religiosi, che si rivelano già come metafora della contemporaneità. Catalizzatore di queste suggestioni diventa il Piazzale Europa. Esso rappresenta l’epicentro, ma, soprattutto, lo scambio verso l’Europa, la nuova Europa, ci verrebbe da dire.
È facile capire perché questo territorio ci è apparso fin da subito come uno snodo nevralgico, un filo scoperto nella proiezione futura della città, dove le strutture delle ex Officine Meccaniche Reggiane, sono diventate il pretesto per affrontare il fuori e la complessità del nuovo mondo.
Ogni opera di confessione rappresenta semplicemente un’urgenza, l’urgenza di fissare questa contemporaneità dilagante.



DA DOVE NASCE L’IDEA DI GIRARE IL FILM

Ogni opera di confessione è parte di un percorso di ricerca a lungo termine sul territorio, iniziato a Reggio Emilia nell’area delle ex Officine Meccaniche Reggiane nel 2013 durante una serie di approfondimenti e tavole rotonde sui temi di spazio pubblico e rigenerazione urbana. Un processo, questo, che rientra nel programma nazionale di pratiche urbane che Arci sostiene e che coinvolge artisti, operatori culturali, comitati scientifici e curatori d’arte. Questi incontri sono stati fondamentali per comprendere le specificità del luogo, ma soprattutto per delineare le metodologie d’intervento.
Fin da subito ci è apparso evidente come l’area in questione meritasse un approfondimento sistematico e multidisciplinare, sfruttando il linguaggio a noi più familiare, quello del cinema. Da qui l’intento di lavorare a un film che riuscisse a coniugare la ricerca antropologica a quella artistica; un film che parlasse di modernità e di spiritualità, e che lo facesse attraverso uno slittamento della visione; una visione a tratti immaginaria, uno sguardo proiettato oltre il reale, o solamente sbilanciato di qualche grado.



MOTIVAZIONI CHE CI HANNO SPINTO A FARLO

Alla base del nostro intervento c’è la volontà di affrontare le criticità che la contemporaneità manifesta con evidenza nelle aree situate ai confini di molte città italiane; territori che vedono spesso la convivenza di diversi gruppi culturali e il concentrarsi di una forte spiritualità. La geografia, all’interno della nostra ricerca, viene utilizzata come riflessione filosofica sullo spazio e non come puro dettaglio analitico. Ci siamo mossi all’interno di uno spazio geografico organizzato, ma senza specificarne le sue coordinate. È per questo motivo che potremmo parlare di un film a-geografico e atemporale: siamo partiti da una realtà locale, tentando di proiettarla su scala globale. L’obiettivo del nostro lavoro è quello di produrre un modello filmico di forte matrice autoriale, che possa essere applicabile in altri contesti industriali simili. Il tema dell’archeologia industriale è per noi un elemento di grande fascino e interesse e che da sempre affrontiamo utilizzando vocabolari stilistici differenti come la fotografia, la performance o il suono. Di fronte alla varietà di questi richiami straordinari, ci è apparso subito chiaro come la via del film documentario, fosse la soluzione più efficace per giungere a questa sintesi.



IL CROWDFUNDING

Il film, che qui presentiamo, rientra in un percorso di ricerca sostenuto da Arci – Comitato Territoriale di Reggio Emilia, Arci Nazionale e ha ottenuto il finanziamento alla produzione da parte della Emilia-Romagna Film Commission. Questi contributi sono serviti per sostenere la fase di documentazione, di ricerca sul campo, di scrittura e di riprese, ma non ci hanno permesso di completare il film che abbiamo immaginato.
Il vostro contributo ci sarà di fondamentale aiuto per completare le fasi di post-produzione del film, tra cui: montaggio, missaggio sonoro, correzione colore, finalizzazione e mastering. Attraverso una vostra piccola donazione ci sarà garantita la possibilità di terminare un progetto che rappresenta il risultato di due anni di lavoro e che in parte diventerà anche vostro.



GLI ALTRI OBIETTIVI

Il film documentario diventa uno strumento e un’occasione di avvicinamento a quei programmi di intervento nazionali ed europei incentrati sul recupero di “vuoti urbani”, intesi come aree svuotate da una loro identità originaria. Questo percorso di approfondimento tenta di offrire una riflessione attiva sulla la mutazione di un territorio e di come differenti realtà condividano i suoi luoghi. In questo, cerchiamo di coinvolgere il maggior numero di enti, istituzioni, studiosi e privati cittadini interessati all’elaborazione di una coscienza diffusa attorno al contesto delle ex Officine Meccaniche Reggiane. Il progetto vorrebbe avvicinarsi all’idea di cinema espanso, in cui l’oggetto filmico, così come morirà nel buio della sala, è solo l’ultima propaggine di un articolato percorso, che comprenderà una relazione saggistica, un diario di campo, una raccolta fotografica e un booklet con dvd. Questo concetto è immaginato nella sua complessità come vero e proprio percorso espositivo, che potrà essere presentato in diversi ambiti: dai cinema alle gallerie, in centri di ricerca, all’interno di circuiti culturali o di settore, oppure durante laboratori didattici.



SINOSSI DEL FILM

È un’estate che sembra già l’autunno. Un uomo ha deciso di acquistare un attico in una discussa zona della città. Dalle vetrate di questo immobile ci si accorge di un’enorme area in disuso. Si tratta di un complesso industriale dal passato glorioso, che giace in attesa di un sontuoso quanto articolato processo di riconversione.
Intanto una famiglia sosta da tempo in un camper, interagendo tra le linee di questo spazio. Un grande adesivo rossogiallo compare sulla testa del mezzo. È il piazzale Europa o la nostra nuova Europa. Lontano da qui, un anziano operaio che ha lavorato per quelle fabbriche, mantiene viva la passione per gli aerei e sogna di volare per l’ultima volta. Il suo incedere porta con sé i segni del Novecento e sembra sovrapporsi all’immobilità di tutto il complesso industriale.
Attorno a loro, si muovono altre figure, che appaiono a metà tra il reale e il sospeso. Sono i custodi dell’area, o meglio i testimoni di questa contemporaneità complessa. A chiudere i perimetri di questo spazio, caratterizzato da passaggi obbligati e spazi di interdizione, sorgono come bastioni moderni, torri e luoghi di culto, in un clima di controllo e spiritualità. Sono suoni e gesti che legano il paesaggio all’uomo e che rappresentano una dignità comune nell’affrontare le stagioni che intanto scorrono.

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Biografie degli autori

Alberto Gemmi (1984) dopo aver conseguito la laurea specialistica in cinema all’Università di Bologna, procede con un Master in Filmmaking a Parigi. Si interessa di teoria estetica, focalizzandosi sull’interazione tra immagine, suono e memoria. I suoi esperimenti partono dal film d’archivio verso la relazione tra spazio e individuo. Nel 2010 realizza a Parigi il cortometraggio Stuck Within, proiettato in Francia e in Italia. Go Burning Atacama Go ha vinto come miglior film sperimentale al Festival di Lucca ed è stato proiettato in vari festival internazionali. Sinai – Un altro passo sulla terra viene presentato in anteprima nazionale al 32 Torino Film Festival e a Visioni Italiane. Assieme a musicisti e performer ha curato video-installazioni, sonorizzazioni, performance live, incontri e laboratori sul cinema, in Italia e all’estero. Dal 2013 lavora nel laboratorio di restauro Immagine Ritrovata della Cineteca di Bologna.

http://www.cinemaitaliano.info/pers/018107/alberto-gemmi.html

Mirco Marmiroli (1984) si laurea in Cinema nel 2009 presso l’Università degli studi di Bologna. Dal 2010 si occupa di produzione video e documentaria. Nel 2012 realizza Prospekt Lenina, documentario di 50’ girato in Russia, con il quale ottiene riconoscimenti in diversi festival nazionali. Nel 2013 è ad Haiti con Il Sole 24 Ore per documentare le condizioni della popolazione terremotata e degli orfanotrofi della capitale. Nel 2014 termina Ma siamo andati avanti, un lungometraggio sulla storia delle Feste dell’Unità dal dopoguerra ad oggi e partecipa con il cortometraggio Wang al progetto Tellurica – racconti dal cratere legato al terremoto in Emilia del 2013. Attualmente sta sviluppando un progetto di reportage nei Balcani, dal titolo Ieri cadde il muro.

http://www.cinemaitaliano.info/pers/024093/mirco-marmiroli.html